Limiti microbiologici delle superfici nel settore alimentare
Nell’ambito della produzione alimentare esistono specifici programmi per tenere sotto controllo i livelli generali di igiene e per verificare la contaminazione microbiologica.
L’analisi microbiologica delle superfici viene eseguita in tutti i casi in cui un alimento o una bevanda possono trovarsi in contatto diretto con tale superficie; in questi casi la normativa è chiara nel richiedere un controllo ed un’analisi microbiologica per valutare le possibilità di contaminazione
Con superfici si intendono banchi di lavoro, utensili (coltelli, pentole, taglieri, ecc.) attrezzature (frigoriferi, affettatrici, ecc.) che vengono impiegati nella lavorazione dell’alimento. Questo genere di analisi rientrano sempre nell’ottica di prevenzione dalle tossinfezioni alimentari e sono parte integrante dei piani di controllo dei punti critici di potenziale contaminazione (HACCP) nel processo di produzione ai fini di garantire la siurezza alimentare.
Viene posta così tanta attenzione sull’analisi microbiologica delle superfici, perché queste possono rappresentare una riserva di elementi nutritivi per i microorganismi e quindi possono favorire la proliferazione della flora microbica che per contatto diretto (con l’alimento) o indiretto (tramite l’operatore) può contaminare il prodotto.
“ Tale flora microbica può essere disseminata per mezzo dell’aria e dell’acqua, per veicolazione da parte del personale di produzione e/o per contatto diretto con il prodotto. Per queste ragioni deve essere verificata l’efficacia della pulizia e della disinfezione, attraverso tecniche microbiologiche validate, che impiegano piastre a contatto o tamponi (Dossier Igiene della Biolife Italiana, 2009). ”
A tale proposito vi suggerisco le indicazioni contenute nel documento edito nel 2017 da INAIL” La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi “in cui si fa riferimento a molti lavori scientifici su tale argomento.
Per quanto riguarda il parametro CBT (Conta Batterica Totale) nello specifico viene citato Silverman et al. (1981) che ritengono che, rispetto alle 50 UFC/piastra suggerite come limite per gli ospedali (APHA, 1970), per le superfici adibite alla preparazione del cibo sia accettabile una conta di CBT < 150 UFC/piastra (Tab.1.)
Altri autori, per le superfici destinate alla preparazione dei cibi, ritengono accettabili livelli di sanificazione che mantengano la carica batterica mesofila al di sotto di 10 UFC/ cm2, con una presenza di coliformi totali ≤ 1 UFC/cm2 e l’assenza di Salmonella (legge 30/04/62 n. 283) e di Listeria monocytogenes (regolamento CE n. 2073/2005). Gli stessi valori sono indicati anche da Osimani et al. (2014) per la carica batterica totale e i coliformi nei controlli HACCP all’interno di mense.
Souliotis et al. (2015) hanno proposto uno standard di riferimento per le superfici delle macellerie dei supermercati, ritenendo “soddisfacente” un livello di carica ≤ 4 UFC/ cm2, “accettabile” un valore compreso nel range 4 - 12 UFC/cm 2 e “insoddisfacente” un valore superiore a 12 UFC/ cm2. Come organismi indicatori hanno considerato sia i coliformi totali che E. coli, ritenendo “insoddisfacente” qualsiasi valore di concentrazione uguale o al di sopra di 1 UFC/ cm2. Lo stesso valore di 4 UFC/ cm2 viene indicato per le superfici di lavorazione nei catering, abbassandolo ad un massimo di 1 UFC/ cm2 nel caso di utensili a diretto contatto con gli alimenti (Garayoa et al., 2014) nella Guide du bionettoyage, Commission Centrale des Marchés (1990) gli ambienti in cui sono trattati gli alimenti cucinati sono classificati in “zone”, analogamente a quanto operato per il settore ospedaliero e farmaceutico, a ognuna delle quali sono attribuiti limiti di concentrazione diversi, compresi tra 0,2 e 5 UFC/ cm2.
Azizkhan (2014) ha misurato il livello di contaminazione ambientale nelle industrie alimentari, utilizzando tamponi e ATP bioluminescenza, verificando l’esistenza o meno di una correlazione positiva tra i due metodi. I campionamenti hanno riguardato le superfici a contatto con gli alimenti (miscelatore crema, taglieri, spremiagrumi, e coltelli, e il piano di lavoro in marmo della zona pasticceria).
Prima dell’intervento di pulizia dei locali i campioni mostravano livelli elevati di contaminazione, che si riducevano drasticamente dopo la pulizia. Prima della pulizia il coefficiente di correlazione (R) tra le due metodiche impiegate risultava molto basso, mentre dopo la fase di pulizia e sanificazione il valore di R era alto.
Secondo l’autore ciò era imputabile probabilmente alle differenze tra i due metodi di rilevamento: infatti, mentre l’uso dei tamponi e la successiva messa in coltura dei campioni sono in grado di rilevare soltanto la presenza di microrganismi vitali, il metodo ATP bioluminescenza può rilevare anche la presenza di residui di cibo sulla superficie (questo spiegherebbe l’elevato valore di RLU misurato nei locali esaminati).
Quindi l’ATP bioluminescenza può essere un valido strumento operativo per monitorare il grado di pulizia delle superfici delle industrie alimentari.
Le tabelle riepilogano i valori limite a seconda delle diverse tipologie di attività.
A seconda della tipologia di azienda e soprattutto in relazione al tipo di prodotto alimentare trattato (crudo o cotto) o processato (sterilizzato, pastorizzato, ready to eat, ready to cook) e all’analisi dei rischi secondo il metodo HACCP oltre alla CBT potrebbero essere ricercati altri microorganismi, anche dagli organismi di controllo ufficiale quali:
- Enterobatteri
- Escherichia coli e Coliformi
- Listeria spp.
- Salmonella spp
- Staphylococcus spp
- Bacillus cerus
- Clostridium perfrigens
Come indicato dal documento CEIRSA – Regione Piemonte Criteri Microbiologici per Prodotti Alimentari Allegato 1- Protocollo tecnico rev 5/2022, qualora si rilevi il superamento dei limiti previsti dal reg. CE 2073/2005 e s.m.i. per i criteri di igiene del processo e i valori guida previsti nel presente allegato su alimenti in fase di produzione oppure in fase di commercializzazione/distribuzione, l’ente prelevatore (Autorità di controllo ufficiale), sulla base del risultato, effettuerà le opportune verifiche sul processo di produzione e sulle misure messe in atto dall’operatore del settore alimentare al fine di individuare la causa e imporre, in ottemperanza all’art. 138 del reg. UE 625/2017 e del reg.CE 178/2002, le necessarie azioni correttive.
I valori guida relativi ai parametri microbiologici indicatori di processo citati nel presente allegato sono desunti dalle normative in materia, dalla letteratura e dall’esperienza dei tecnici. Essi rappresentano degli indicatori generici e il loro superamento può essere considerato un pericolo per la salute del consumatore ESCLUSIVAMENTE in caso di sussistenza di una condizione di rischio.
Come ulteriore elemento di confronto vi consiglio di tener presente i parametri ed i limiti suggeriti da APHA, leader nella definizione di standard per il campo della salute pubblica e nell'influenza della politica di salute pubblica. L'APHA e l'Associazione delle scuole e dei programmi di salute pubblica sono i due membri aziendali del Council on Education for American Public Health senza scopo di lucro, soprattutto per le aziende che vogliano esportare nel mercato USA.
Vale comunque sempre la regola che è l’OSA che sceglie non solo le procedure più adeguate ma anche le modalità, il tipo di microorganismo e i limiti microbiologici ritenuti accettabili, in base alla valutazione dei rischi interni e in funzione delle attività operative sia di produzione che di pulizia che di sanificazione.
Tali dati devono essere raccolti, verificati e validati secondo le ultime indicazioni del Codex alimentarius– revisione 2021.
Riferimenti
- La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi edito da INAIL – 2017.
- Criteri microbiologici per prodotti alimentari Allegato 1- del documento CEIRSA /Regione Piemonte- Protocollo tecnico rev 5/ 2022.
- Codex alimentarius rev.2021.